Colgo la coincidenza di alcuni allievi che mi chiedono con interesse
delle gare, con il recente articolo di Giuseppe che potete leggere qui: http://www.kendo.it/wordpress/?p=1309 sull'arbitraggio nello iaido.
Premessa: no arbitri, no gara!
Quindi, a prescindere da qualsiasi considerazione soggettiva, il giudizio dell'arbitro è necessario, che ci piaccia o meno.
Giuseppe parla del modo in cui giudicare, a quali cose dare più o meno peso, e ovviamente lo fa dal punto di vista dell'arbitro, ma come sono messe le cose dal punto di vista del competitore?
Chi tra le due figure ha più da rimetterci, chi si mette più evidentemente in gioco è colui che si presta ad essere giudicato, e non solo dagli arbitri ma anche (e soprattutto) da tutti gli altri presenti, allievi, competitori, Maestri, istruttori, pubblico, familiari, televisioni, radio, email, facebook, twitter, ask e così via...
E cosa si aspetta il povero competitore dagli arbitri? Ovvio: che lo votino!
Questa che sembra una considerazione banale è invece il nocciolo del problema. Guarda caso ne abbiamo parlato col Maestro proprio pochi giorni fa; testuali (mal tradotte) parole: gli avversari durante la gara sono 4, ma i più importanti sono i tre che hai davanti, gli arbitri appunto.
Quindi, sorvolando sul tema in assoluto più pregno che è quello che lo iaido che dovremmo fare è uno solo e non dovrebbe esserci distinzione tra gara, esame o studio, il povero competitore come si dovrebbe porre?
Li vuole battere sti tre avversari oppure no?
Per esperienza, qui si tratta di venire un po' a patti con la propria coscienza iaidoistica e di saper modulare un po' la propria performance.
Conoscere gli arbitri, il loro modo di giudicare, è fondamentale se il nostro desiderio è quello di cercare il risultato. E qui mi tocca tralasciare un altro tema cruciale: se sia lecito o meno cercare di vincere una gara di iaido.
Ma se lo fosse, allora dobbiamo prestare attenzione ai parametri di valutazione della terna. Quanti di loro sono più sensibili alla precisione dei dettagli e quanti all'efficacia complessiva?
Ecco, per un competitore, è molto più facile sapere di essere giudicato oggettivamente che non soggettivamente: cominciamo a giudicare il livello tecnico e poi, in condizioni di parità, mettiamoci pure dentro il tempo, lo spirito e la bellezza complessiva. Robe soggettive appunto ma che fanno la differenza per occhi davvero esperti.
E questo è quello che oggi, al mio livello, mi aspetto maggiormente dagli arbitri e che, ad onor del vero, spesso riscontro.
Ciò non di meno il bello è che, e ne ho anche in questo caso esperienza, più il livello di arbitri e competitori si alza e più si va verso un parametro di giudizio che definirei "soggettivo assoluto".
In Giappone esistono gare tra scuole antiche, il che significa che i due competitori scelgono liberamente i 5 kata che esibiranno, kata che verosimilmente gli arbitri non saranno in grado di giudicare per i dettagli di piedi, angoli, punta della spada e altri vari "check point", ma saranno dunque chiamati a giudicare quasi esclusivamente per le fondamenta dello iaido e, in definitiva, con l'emozione che l'atleta sarà stato capace di trasmettere. Ma parliamo di un altro mondo, di un altro livello.
Tornando un passo indietro e concludendo, il rischio è che se si libera troppo l'arbitro dal non valutare i punti oggettivi, lo si deresponsabilizza e, magari senza averne il livello, si metta a giudicare troppo con la pancia o con qualcos'altro... e la crescita parallela di competitori e arbitri va a farsi benedire.
Antei!
Premessa: no arbitri, no gara!
Quindi, a prescindere da qualsiasi considerazione soggettiva, il giudizio dell'arbitro è necessario, che ci piaccia o meno.
Giuseppe parla del modo in cui giudicare, a quali cose dare più o meno peso, e ovviamente lo fa dal punto di vista dell'arbitro, ma come sono messe le cose dal punto di vista del competitore?
Chi tra le due figure ha più da rimetterci, chi si mette più evidentemente in gioco è colui che si presta ad essere giudicato, e non solo dagli arbitri ma anche (e soprattutto) da tutti gli altri presenti, allievi, competitori, Maestri, istruttori, pubblico, familiari, televisioni, radio, email, facebook, twitter, ask e così via...
E cosa si aspetta il povero competitore dagli arbitri? Ovvio: che lo votino!
Questa che sembra una considerazione banale è invece il nocciolo del problema. Guarda caso ne abbiamo parlato col Maestro proprio pochi giorni fa; testuali (mal tradotte) parole: gli avversari durante la gara sono 4, ma i più importanti sono i tre che hai davanti, gli arbitri appunto.
Quindi, sorvolando sul tema in assoluto più pregno che è quello che lo iaido che dovremmo fare è uno solo e non dovrebbe esserci distinzione tra gara, esame o studio, il povero competitore come si dovrebbe porre?
Li vuole battere sti tre avversari oppure no?
Per esperienza, qui si tratta di venire un po' a patti con la propria coscienza iaidoistica e di saper modulare un po' la propria performance.
Conoscere gli arbitri, il loro modo di giudicare, è fondamentale se il nostro desiderio è quello di cercare il risultato. E qui mi tocca tralasciare un altro tema cruciale: se sia lecito o meno cercare di vincere una gara di iaido.
Ma se lo fosse, allora dobbiamo prestare attenzione ai parametri di valutazione della terna. Quanti di loro sono più sensibili alla precisione dei dettagli e quanti all'efficacia complessiva?
Ecco, per un competitore, è molto più facile sapere di essere giudicato oggettivamente che non soggettivamente: cominciamo a giudicare il livello tecnico e poi, in condizioni di parità, mettiamoci pure dentro il tempo, lo spirito e la bellezza complessiva. Robe soggettive appunto ma che fanno la differenza per occhi davvero esperti.
E questo è quello che oggi, al mio livello, mi aspetto maggiormente dagli arbitri e che, ad onor del vero, spesso riscontro.
Ciò non di meno il bello è che, e ne ho anche in questo caso esperienza, più il livello di arbitri e competitori si alza e più si va verso un parametro di giudizio che definirei "soggettivo assoluto".
In Giappone esistono gare tra scuole antiche, il che significa che i due competitori scelgono liberamente i 5 kata che esibiranno, kata che verosimilmente gli arbitri non saranno in grado di giudicare per i dettagli di piedi, angoli, punta della spada e altri vari "check point", ma saranno dunque chiamati a giudicare quasi esclusivamente per le fondamenta dello iaido e, in definitiva, con l'emozione che l'atleta sarà stato capace di trasmettere. Ma parliamo di un altro mondo, di un altro livello.
Tornando un passo indietro e concludendo, il rischio è che se si libera troppo l'arbitro dal non valutare i punti oggettivi, lo si deresponsabilizza e, magari senza averne il livello, si metta a giudicare troppo con la pancia o con qualcos'altro... e la crescita parallela di competitori e arbitri va a farsi benedire.
Antei!