Iaido, l'arte del samurai

Lo Iaido e' considerato da molti l'essenza moderna del Budo. Equilibrato nei suoi movimenti, semplice nella sua eleganza, lo Iaido e' pervaso da una serie di relazioni profonde: un respiro, un taglio, una vittoria. Lo Iaido incorpora in se il minimalismo estetico giapponese, dove ogni movimento e' marcato dalla profondita' spirituale derivante da centinaia di anni di studio nel massimo rispetto della vita e della morte. Oggi lo iaido e' una via aperta a tutto il mondo, che porta all'amicizia, al rispetto e all'onesta'.

lunedì 17 dicembre 2012

Il mattino ha l'oro in bocca

Prendo spunto da un semplice ma chiaro articolo comparso oggi sul corriere che parla di ritmi circadiani ( http://www.corriere.it/salute/12_dicembre_ritmi circadiani ) in breve, è l'andamento delle nostre capacità psico fisiche con il passare delle ore del giorno.
Tutti noi sperimentiamo la fatica e la rigidità muscolare della mattina e la fluidità del tardo pomeriggio fino a sera; ma come si concilia questo con lo iaido?

Ecco la mia esperienza personale.

Durante la settimana, i due allenamenti che iniziano alle 19:30 sono perfetti, arrivo al Dojo con voglia, nessun morso della fame (argomento che richiede spazio a se) e corpo pronto all'uso. Vado avanti fino alle 22:30 senza nessun problema, le ginocchia rimangono calde, le spalle sono rilassate, e il controllo sulla spada risulta naturale. Anche se non significa niente, possiamo dire che "taglio di brutto".
Il lunedì sera invece faccio più fatica, iniziamo alle 21:00, fino a quel momento ho dovuto combattere con il languorino che il più delle volte mi fa cedere alla merendina, ho quasi sonno e generalmente poca voglia, ma poi mi riprendo in fretta, il corpo carbura e, dal li a poco, "taglio di brutto".
Accomuna entrambi le occasioni la scioltezza di lingua che "trifola" le orecchie dei compagni. Con essa anche l'ego parte per la tangente e non mi ferma più nessuno, alias "taglio di brutto".

Completamente differente la sensazione dei due o tre allenamenti mattutini, mi sveglio alle 6:10, sono al Dojo alle 7:15, ho attraversato la città ancora intenta ad alzare le serrande, camion della spazzatura che bloccano le vie e, d'inverno, buio e freddo che ti fanno pensare inevitabilmente ad una variante del profondo senso dello iaido, non già perchè lo faccio, bensì: ma chi me lo fa fare?!

In questo stato d'animo, con l'aiuto di un caffè gentilmente offerto da un amico di spada, e cercando di piegare delle ginocchia che vorrebbero stare in tutt'altra posizione, inizio ad estrarre la spada.
Quanto è fredda! Anche lei se ne vorrebbe stare dentro la sua bella saya di riposo, quella rivestita di lana verde, bella tranquilla, al buio e al calduccio.
La sua voce non esce subito, il contatto non lo sento naturale, devo controllare, sistemare le mani, tutto è più lento, faticoso, cervello e corpo scollegati, e la lingua che lascia spazio al silenzio.
In definitiva non taglio un cazzo. Eppure...

Eppure.
Il silenzio degli occhi, il silenzio del corpo, il silenzio della lama e il silenzio della mente, sono tutti insieme una sinfonia potente. Diventano loro, fusi insieme, il direttore d'orchestra che dirige la mia pratica migliore.
I tempi lenti sono naturali, o meglio, esiste una sola velocità che non è velocità, e pian piano una cosa sola prende il sopravvento e si sveglia come mai più succederà durante la giornata: la mente e il pensiero.
Non è una trascendenza, è bensì una naturale e spontanea condizione di piena concentrazione. Non dura molto, ma finalmente sperimento il piacere di avere il tempo di sentire il  mio essere fisico e psichico, uscire, riordinarsi e prepararsi.

Questo è il mio fare iaido più bello.


dezz






martedì 20 novembre 2012

L'onda delle stagioni

Nello iaido c'è una cosa che si chiama Jo Ha Kyu o Kan Kyu

Questa cosa tratta del ritmo all'interno dell'esecuzione di un kata. Un alternarsi di lento e veloce, di attesa e di azione, di relax e di energia. Il mio Maestro non me lo sta ancora insegnando profondamente, mi ci sta facendo avvicinare piano piano. Per quello che ho capito non ha una struttura precisa, è più un atteggiamento che ha come conseguenza una variazione di velocità della tecnica che fluttua, che sale e scende come un'onda.
Tenere alta la tensione, la forza o la stessa velocità, non va bene, il tutto risulterebbe troppo "piatto", troppo rigido. E le cose rigide si rompono!
Ciò non di meno, pur con questa fluttuazione di energia, l'atteggiamento deve rimanere costante, si deve assecondare sia il momento lento che quello veloce, ma il desiderio deve rimanere alto.

Ma come si fa?

Bho! Arriverà, aspetterò che il mio livello cresca per affrontare al meglio questo passaggio.
Però, dove non ho il tempo di aspettare è nell'imparare a gestire un'altra onda, simile ma ben più delicata: il fluttuare dell'energia del gruppo.
L'energia di un gruppo è cosa assai complessa, è una fusione di tante e troppe cose, coinvolge i caratteri delle persone, le loro aspettative, i loro momenti personali e anche le loro energie stagionali.
Io lo vedo questo salire e scendere di tensione, di desiderio, di soddisfazione, di felicità e anche di stanchezza.

E mi fa paura.

Mi domando cosa fare, come tenere vivace la lezione, come portare sempre qualcosa in più all'interno dell'allenamento. Ma la relazione che si crea all'interno di un gruppo è talmente forte che influisce direttamente e violentemente su quello che accade senza che io possa fare più di tanto per modificarne la direzione.

E mi travolge.

Forse imparando Jo ha kyu o kan kyu, imparerei anche a gestire questa onda di pensieri, oppure ...
Oppure questo miscuglio di energie va solo assecondato, va lasciato andare, senza preoccuparsene troppo, lasciando che i singoli momenti non combacianti abbiano il loro spazio.
Accarezzandoli, puntando solo sull'esercizio, sulla ripetizione mantrica, abbassando i volumi, lasciando che il cambio di stagione venga digerito per poi riprendere piano piano con la rinascita di energia, quella energia che fa di alcune serate, momenti memorabili.

Ma anche avere sempre alti livelli di energia alla fine rompe.

Lasciamo che l'energia fluttui, che segua la sua naturale direzione, la sua propria vita, accettandola così com'è e confidando nel desiderio di ognuno di noi, desideri diversi singolarmente ma capaci di una strana alchimia, di una strana comunione. amen!

venerdì 16 novembre 2012

Japan November 2012

Noto, noto, noto, noto, noto, noto and noto again!

Now the saya is on the line of the sword. Very good!
But the right hand is not really good yet!



Keep going training!

giovedì 11 ottobre 2012

Nuovi uomini o vecchi guerrieri?

I punti di vista sono sempre interessanti, soprattutto se arrivano dai nuovi compagni. Certo, fanno più piacere quelli che ci compiacciono di quelli che ci criticano, ma sono pronto a pubblicare anche i secondi.
Intanto ecco quello di un "mucchiù".


Davide l'altro giorno mi ha chiesto cosa mi avesse colpito della gara di domenica scorsa,io risposto relativamente alla "nostra" squadra (ormai mi ci metto anche io nel gruppo praticanti),di aver avuto la sensazione di "presenza totale" nell'eseguire i kata e quanto fossero stati bravi e coesi, ma oltre a questo, la cosa che in realtà ha catalizzato maggiormente la mia attenzione è stata una sensazione di grande Armonia, quella stessa armonia del gruppo nel praticare e nello stare insieme che ritrovo ad ogni allenamento, quell'essere uniti con la voglia di condividere quei momenti che sono "nostri", "solo nostri", necessari dopo una giornata di lavoro per ricaricare le pile, per essere sereni, per stare bene con noi stessi quindi con le altre persone.
Spesso mi sono chiesto cosa fosse per me l'essere guerrieri, oggi sono fermamente convinto che un guerriero sia una persona che abbia il desiderio di mettere a disposizione di tutti le proprie abilità acquisite con la pratica costante o le proprie doti innate o meglio, avute in dono. Un guerriero credo debba avere la capacità, anzi il cuore, di esserci per quelle persone che necessitano un piccolo aiuto, di una parola, della nostra attenzione  o di qualsiasi altro gesto possa rendere il  percorso più dolce.
Si può essere guerrieri nel fare bene un kata di Iaido, ma anche nel fare una meravigliosa crostata, nello scrivere una poesia o fare un disegno, od in qualsiasi altra espressione artistica di sè, l'importante è aver voglia di condividere ciò che siamo per donare e ricevere emozioni.
Ecco cosa ho trovato nel vostro bellissimo gruppo, guerrieri sorridenti, capaci di aprire il cuore per condividere. 
L'allenamento con la spada credo non possa essere fine a se stesso, ma debba portare ogni praticante a sentirsi parte di qualcosa di più grande, interagendo in modo spontaneo, migliorando se stessi per essere più disposti a sorridere sempre, anche quando le cose non vanno come vorremmo. In quel momento credo che tutto ciò che ci circonda possa assumere un differente aspetto, meno spigoloso, anche quando gli angoli della vita tentano di farsi sentire.
Questo non vuol dire che si pratichi per gli altri, si pratica per se stessi, ma senza quell'eccessivo ego che distoglie la nostra attenzione dal volersi migliorare giorno per giorno.
Non so esattamente cosa ho scritto, ma ormai è fatta... Sorridente
Auguro a tutti voi una buona giornata.

Marco "Mucchiù"

lunedì 8 ottobre 2012

Tre numero perfetto?

E due, anche quest'anno terzi ai campionati a squadre di iaido, quindi a regola ne manca ancora una, ma a noi piace anche romperle le regole, vero?

Alessandra, Beatrice e Marzio si sono presi la responsabilità di mettersi in gioco portando avanti il nome di tutti noi dello SHIOSHIKAI, bravi!



Nello iaido ci sono poche possibilità di mettersi alla prova, negli esami, di sicuro, ma si tengono dopo molti anni, e nelle gare, le quali, in un paio di volte all'anno, si possono "esperimentare" sensazioni e reazioni che è difficile se non impossibile replicare o far nascere durante gli allenamenti di iaido in palestra.

Dunque, come dice il nostro Maestro, le gare di iaido sono importanti perchè sono uno stimolo forte a proseguire ed a migliorare su di una strada lunga e difficile come quella della spada giapponese.

E poi in queste gare, in questi appuntamenti, ci si confronta, si fa esercizio di umiltà, di rispetto e di generosità, ma non solo, si fa anche e soprattutto un esercizio di fedeltà, di lealtà verso la propria scuola, verso il proprio Maestro e, in definitiva, verso se stessi e la strada che si è deciso di seguire.

Quindi bravi, bravi tutti. E forza! il prossimo anno puntiamo ad un gradino più su!




martedì 11 settembre 2012

Ma come può essere?

Questi ultimi mesi del gruppo sono stati alquanto effervescenti!
Effervescente rende bene la sensazione del mio animo difronte a quanto è successo.
Bollicine che salgono liberando il naso, accarezzano i timpani, stimolano i canali lacrimali e bruciano piacevolmente la gola.

Mi è chiaro che questo periodo particolare non è ancora finito, altre cose sono li fuori ad aspettare il loro turno, turno dettato da benevoli e malevoli Tengu, spiritelli dei boschi che si divertono e si alimentano delle nostre passioni.

Ieri sera, una strana passione mi è accaduta: quella che doveva e poteva essere una dolorosa notizia, si è invece rivelata una strana e compiacente sensazione di completamento.

Un allievo che va, un bravo allievo, dovrebbe essere un piccolo pizzicotto al cuore, invece a me è sembrata più una carezza all'anima.

La piacevole conferma di avere fatto qualcosa di buono e di aver ricevuto in cambio qualcosa di molto più buono e molto più bello.

Continuo a pensare di essere molto fortunato.

Grazie infinite Jacopo, a presto.






domenica 10 giugno 2012

allievi o insegnanti

E' da qualche tempo che penso all'inevitabile momento in cui alcuni dei miei compagni di pratica sentiranno la necessità, o avranno l'occasione, di aggiungere al loro studio l'esperienza dell'insegnamento.
I benefici per chi si dedica all'insegnamento sono evidenti, ma i rischi altrettanto elevati.
Il compiacimento, un eccessivo trasferimento sull'allievo, una diminuzione della quantità di pratica, un allontanamento dalla VIA principale, tutti rischi ed errori, prevedibili ma quasi inevitabili.
In definitiva un modo pericoloso ma interessante di progredire.

E dentro al mio cuore sento il rischio di perdere un amico.

...ma noi intanto andiamo avanti.


lunedì 14 maggio 2012

Le foche non sono in estinzione!

Ecco una buona notizia! Le foche non si stanno estinguendo, non almeno quelle che fanno iaido, o che lo facevano...
La foca in questione è un nostro compagno che settimana scorsa ci ha fatto una bella e gradita sorpresa: è passato a salutarci alla fine della nostra lezione di iaido nel nostro Dojo di Milano.
Sembra roba di poco conto ma non lo è, non lo è per nulla!
Poche stagioni di allenamento insieme creano facilmente dei forti legami, ci si conosce, ci si stima o meno, ma sono passaggi che inevitabilmente lasciano un segno.
Da li in poi la vita segue il suo corso, e non è detto che il corso di ogniuno di noi includa, o abbia sufficiente spazio, per lo iaido. Poco male, anzi, sarebbe proprio sbagliato avere e mantenere una aspettativa che non tenga conto che le nostre vite sono piene di altre cose. Bello però sapere e vedere che per alcuni, anche se la loro via prende direzioni diverse dalle nostre, sentono il piacere di passare a bersi una birra, o scroccare un dolcetto dell'Alessandra, con i loro vecchi compagni di spada.
Proprio un bel modo per evitare l'estinzione!

W la FOCA !


mercoledì 11 aprile 2012

Del come giudicare una spada e del come rispondere ad una richiesta di giudizio

Da qualche giorno medito sul fatto che, recentemente, ho perso un'occasione di mettere in atto un insegnamento che "dovrei" aver appreso nel corso del mio cammino sulla Via dello iaido e, soprattutto, con la frequentazione del mio Maestro.


Sto parlando dell'insegnamento che si può trarre nell'osservare come un Maestro giudica una spada che, incautamente un allievo, per lo più occidentale, gli sottopone. Stiamo parlando di una di quelle spade "finte simil cinesi" assai lontane dalla cura, tecnica e qualità giapponese, o ancora peggio, di qualcosa elaborato nella cantina di casa che, per l'amor di Dio, pur con tutte le buone intenzioni, sempre rimarrà un artefatto migliaia di anni luce lontano da una Nihonto, da una vera lama giapponese.
Dunque, il Maestro, con solenne attenzione, riceve l’oggetto, lo soppesa con delicatezza, lo rigira tra le mani con evoluzioni leggere e rotonde, seguendo una precisa sequenza visiona l’intero "coso", accompagnando ogni piccola pausa dei movimenti con cenni del capo ed espressioni del viso, sempre mostrando un contenuto ma evidente stupore e interesse positivo, soffermandosi su singoli particolari, spesso assolutamente superflui, come se fossero dei piccoli gioielli incastonati.
Poi, addirittura, estrae la lama, con movimento deciso e perfettamente lineare, il metallo che scorre nell’aria senza toccare il legno della saya, spesso di un pezzo di legno che pesa più della lama stessa! Ma nelle sue mani quel fodero e quella lama si muovono con grazia, quasi con un senso proprio. Guarda la lama in contro luce, scorre con gli occhi ogni centimetro fino alla punta, che proprio non si può chiamare Kissaki, e ancora mostra un incredibile interesse per quel pezzaccio di lega ferrosa, mal tranciato e spesso arrugginito. Lo soppesa tra le mani, ne apprezza il bilanciamento, che non andrebbe bene nemmeno per tagliare una zucchina marcia. Si sofferma ancora su un particolare secondario e, incredibilmente, dopo un’infinita serie di espressioni positive, aggrotta la fronte, stringe le labbra, e sembra chiedersi: che strano? Facilmente, in quel momento si sta soffermando su di uno spigolo un po’ più rugoso, e chiama il proprietario che fino a quel momento ha avuto una serie di orgasmi continui ad ogni movimento di assenso della testa del Maestro. Questi si “striscia” in ginocchio nel modo più prostrato possibile con il solo risultato di risultare ancora più ridicolo della sua spada.
Il Maestro, quasi a scusarsi, mostra l’insignificante punto dolente, cosa che si può ovviamente risolvere con un po’ di lavoro di lima, magari anche solo con le unghie. Il becero è ancora più felice! Caspita, la mia spada valutata così bene dal Maestro!!!
Con la stessa solennità usata prima, il Maestro ripone la spada nel fodero e la riconsegna al proprietario. Nel farlo lascia che i suoi occhi cadano, in modo evidente al becero, sulla propria spada, una vera Nihonto. Il becero a quel punto normalmente abbocca e, sempre con l’insolenza che lo contraddistingue, chiede di poterla vedere. Da li in poi, avrà la grande occasione di imparare qualcosa oppure no.

Lo so, pare un po’ criptica, come spesso lo sono gli insegnamenti ZEN, ma credetemi, la si capisce davvero solo quando, dopo aver creduto di averla davvero capita, ci si accorge di aver appena fatto l’errore di dare giudizi senza mettere in pratica le accortezze insegnate dal Maestro.
Niente di grave, l’importante è non perseverare negli errori.

Scorre il filo della lama sui miei occhi
Angoli mortali fatti per tagliare il nulla
Nulla che non si può tagliare

martedì 21 febbraio 2012

L'importanza e la pericolosità dell'Esempio

Da sempre penso che il miglior modo di insegnare o di condurre un gruppo sia dare l'esempio.

L'esempio è la forma di comunicazione per eccellenza, è la forma più ancestrale, più diretta, più pulita, più onesta.
Ma anche la più pericolosa.
Pericolosa proprio perché non mediata da tutte quelle convenzioni di cui oggi non possiamo fare a meno.
Con l'evoluzione, la specie umana ha introdotto nuove forme di comunicazione e di trasferimento delle informazioni, il linguaggio prima di tutto, e con esso le idee, le speranze, la fede.
Metafore, similitudini, figure retoriche. E sono iniziati i problemi.

- Non urlare! - Grida il padre al bambino.
Qual è il messaggio che arriva? L’esempio o la parola?
Eppure il genitore vuole davvero e con forza insegnare al figlio un giusto modo di comportarsi; evitargli gli errori che lui stesso continua a fare: urlare.

Forse è così, cerchiamo in tutti i modi di allontanarci dalla nostra natura animale ma non ci riusciamo veramente, nel bene o nel male, l’esempio risulta sempre più forte.

E allora come si affronta e si risolve il problema di trasmettere un’informazione che vede l'esempio e il messaggio verbale essere in netta contraddizione?

Come si fa a far capire agli allievi che il risultato delle gare non è importante quando poi, contemporaneamente, “si porta a casa sempre qualcosa”?

Bho?

martedì 31 gennaio 2012

I'm hungry like a wolf!

C'è un Maestro giapponese che spesso chiede a noi italiani perchè facciamo iaido.
Spesso ho pensato a questa domanda e ho sempre cercato una risposta intelligente, ve le risparmio.
Ma da un pò di tempo credo di aver trovato la mia risposta: faccio iaido perchè ho fame di iaido!
Ho fame di iaido e sono goloso!


buon appetito.


There is a Japanese Sensei that often ask us why we do iaido.
I have often thought about this question and I always tried an intelligent answer, does no matter.
But now I think I found my answer: I'm hungry of iaido!
And I love to eat a lot.


enjoy your meal.